La fibromialgia (FM) è una sindrome reumatica ad eziologia sconosciuta, che potrebbe
essere dovuta a diversi disturbi fisiopatologici che coinvolgono l’elaborazione del
dolore nel sistema nervoso centrale. È predominante nelle donne di età compresa tra i
30 e 55 anni, con una prevalenza che varia dallo 0,2%al 6,6% nella popolazione
generale. La fibromialgia è una patologia che colpisce dal 2% al 8% della popolazione
ed è spesso accompagnata da dolore diffuso, affaticamento, problemi di memoria e
disturbi del sonno (Clauw et al. 2014). Gli individui con FM possono presentare una
grande variabilità di condizioni cliniche e la caratteristica principale è la presenza di
dolore muscoloscheletrico diffuso cronico e la compresenza di questi disturbi può
avere un impatto negativo sul funzionamento fisico e sulla qualità della vita, sulla
qualità del sonno, l’attività fisica e lavorativa fino ad arrivare ad influenzare le relazioni
interpersonali (Shulze et al. 2020). I risultati del database RAMQ illustrano l’elevata
prevalenza di comorbidità tra i pazienti con diagnosi di Sindrome fibromialgica (FMS)
e indicano fortemente che l’onere economico della FMS è sostanziale (Lachaine et al,
2010). I problemi più comuni legati alla FM sono rigidità mattutina, affaticamento,
sonno non ristoratore, dolore, concentrazione e memoria e i fattori aggravanti
includono lo stress emotivo, i cambiamenti climatici, l’insonnia e l’affaticamento
(Bennet et al. 2007). Molti fattori contribuiscono allo sviluppo della fibromialgia:
predisposizione genetica, esperienze personali, fattori emotivo-cognitivi, la relazione
mente-corpo e una capacità biopsicologica di far fronte allo stress. Inoltre, l’obesità e
il sovrappeso sono stati associati ad un aumentato rischio di FM, specialmente tra le
donne che hanno riportato anche bassi livelli di esercizio fisico (Mork et al, 2010). Le
molteplici componenti della patogenesi e il mantenimento della condizione richiedono
un approccio terapeutico multimodale (Sarzi-Puttini et al. 2020).

La fibromialgia inoltre viene storicamente associata a gravi disturbi gastrointestinali
(come IBS e stipsi), che rispondono prontamente alla terapia farmacologica (Costantini
et al. 2017). Lo stesso costantini dimostra anche come l’effetto della terapia
farmacologica viscerale abbia effetto sulla sintomatologia fibromialgica in tutti i tessuti
a tutte le profondità (Costantini et al,2017). Uno studio del 2013 ha dimostrato
l’efficacia della terapia viscerale osteopatica sulla sintomatologia stitica e da IBS; nello
studio di Attali et al. (2013) infatti è stato testato il trattamento viscerale osteopatico su
pazienti con IBS con il seguente risultato “L’osteopatia viscerale è stata associata a
significativi miglioramenti di diarrea, distensione addominale e dolore addominale
senza cambiamento di costipazione”. Il trattamento osteopatico viscerale era anche
associato ad una ridotta sensibilità rettale: aumento della soglia del dolore, sensazione
costante e volume massimo tollerabile (P<0,001.) (Attali et al., 2013). Nello studio di
Vilas Boas Fernandez et al. (2018) i ricercatori hanno studiato gli effetti del trattamento
viscerale in disturbi come la sindrome dell’intestino irritabile refrattario e la stitichezza
cronica nelle donne, ottenendo risultati significativi. Per quanto riguarda il protocollo
di terapia manuale utilizzato nello studio di Castro-Sanchez è stato efficace per
migliorare intensità del dolore, pressione diffusa sensibilità al dolore, impatto della
fibromialgia come per i sintomi, qualità del sonno e sintomi depressivi. Sempre
secondo gli autori, sono state osservate differenze nella risposta al trattamento: donne
e uomini ottengono miglioramenti simili nella qualità del sonno e nel punto tender,
considerando che le donne hanno mostrato una maggiore riduzione del dolore e impatto
dei sintomi della FMS rispetto agli uomini, ma gli uomini hanno riportato una
diminuzione dei sintomi depressivi e ipersensibilità alla pressione rispetto alle donne
(Castro-Sanchez et al. 2013).

Sebbene siano stati testati diversi interventi non farmacologici nella gestione della
fibromialgia (FM), c’è poco consenso sulle migliori opzioni per il trattamento di questa
condizione (Souza et al. 2022). Per quanto riguarda il trattamento osteopatico in
associazione alla fibromialgia, la ricerca suggerisce l’efficacia del trattamento GOT
(General Osteophatic Treatment) come terapia osteopatica elettiva rispetto a quella
fasciale o cranio-sacrale (Albers et al. 2017). L’aggiunta di una tecnica HVLA nel tratto
cervicale alto (C0-C1 e C1-C2) a un programma multimodale ha un aspetto positivo a
breve e lungo termine (Moustafa et al, 2015). Non essendoci in bibliografia ricerche
che attestino l’efficacia del trattamento viscerale osteopatico per la riduzione della
sintomatologia fibromialgica, la suddetta ricerca si pone come outcome primario la
valutazione dell’efficacia del trattamento manipolativo osteopatico viscerale (vOMT)
per il miglioramento della sintomatologia dolorosa muscoscheletrica cronica
prendendo in considerazione l’intensità del dolore, il miglioramento della
sintomatologia gastrointestinale e la qualità della vita e, come outcome secondario, il
possibile miglioramento della sintomatologia intestinale visti i risultati ottenuti dagli
autori citati precedentemente.

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